Non poteva momento essere più propizio.
Iniziare una rubrica che tratta di “lavoro”, inteso nella sua più ampia accezione, proprio quando tutto, anche su questo tema, pare destinato a mutare radicalmente.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel 4 dicembre 2016, ultimo atto di quella “gestione” che, più di tutte e a onta di un apparente contrasto con le sue origini, ha tentato, per certi versi riuscendovi, di svecchiare il nostro sistema giuslavoristico e renderlo più performante verso le sfide a cui il nuovo millennio, ineluttabilmente, lo chiama.
Vero è che di questi e quei tempi, l’agire sotto l’egida dell’europa, con “e” volutamente minuscola, perlopiù con esiti sociali ed economici tutt’altro che brillanti non aiuta e, come evidenziato dal responso di altro giorno 4, non sembra concedere ulteriore tempo a percorsi di quella sorta.
Ciò che ne resta è il caso più concreto di applicazione di quelle strategie, tanto moderne quanto osteggiate di flessibilità, la cui genesi, almeno nel nostro Paese, è simboleggiata da un “libro bianco” e che purtroppo, a uno dei suoi autori (Marco Biagi) come ad altri impegnati studiosi costarono pure la vita.
L’esercizio di democrazia ha dunque bocciato la travagliata rotta fin qui seguita e i nuovi capitani chiamati al cambiamento, a torto o a ragione, stanno doverosamente tracciando nuove vie maestre. Dunque, pur apparendo, al momento, un nuovo che sa tanto di antico, l’intento certamente meritorio di (ri)dare dignità al lavoro impone, a noi tutti, una rinnovata attenzione sulle future scelte legislative e sulle correlate ricadute sociali.
Tanta è la carne al fuoco, dalla limitazione dei contratti a termine alla chiusura domenicale degli esercizi commerciali, dal reddito di cittadinanza alla volontà di smontare il c.d. Job Act.
Evidente l’importanza, nonché fine ultimo della rubrica, di affrontare tutto questo con discernimento e logiche necessariamente dubitative.
Insomma, oggi più che mai ci si pongono innanzi scenari futuri e necessarie riflessioni.
IMMAGINE
Der Wanderer über dem Nebelmeer, Caspar David Friedrich, olio su tela, 1818. Hamburger Kunsthalle, Amburgo.